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Atletica, mondiali di Eugene e Italia in salute. Ecco perché continua la striscia positiva, tra medaglie e infortuni

Atletica, mondiali di Eugene e Italia in salute. Ecco perché continua la striscia positiva, tra medaglie e infortuni

di Claudio Strati

Dai mondiali agli europei, è un’estate azzurra per l’atletica. A bocce ferme, e prima che inizi la rassegna continentale di Monaco, cerchiamo di fare il punto sulla nazionale, che nel capoluogo bavarese schiera 101 atleti, su quanto ha combinato ai mondiali di Eugene, dopo le valanghe di commenti e articoli che hanno tentato di vivisezionare lo stato di salute dell’atletica.

 

A beneficio in particolare degli estimatori delle medaglie, senza le quali pare non esista questo sport, mentre se i team di calcio, maschile o femminile, prendono batoste i toni sono sempre squillanti e promettono meraviglie che poi si vedono col binocolo.

In Oregon si attendeva una conferma italiana dopo i 5 ori olimpici di Tokyo. Pressoché irripetibili, peraltro. Si può dire che in ogni caso i segnali sono stati positivi, anche per l’emergere di personaggi nuovi, nuovissimi, senza dover attendere i soliti (pochi) deus ex machina. Un oro nella marcia con Massimo Stano, che ha bissato Olimpia sulla distanza inedita dei 35 km, e quel bronzo fantastico di Elena Vallortigara sull’asticella dell’alto sono state le due medaglie conquistate.

Ma poi i distratti si sono accorti delle tre medaglie di legno, tre quarti posti a un soffio dal podio? Sara Fantini nel martello, Andrea Dalla Valle nel triplo, con quinto peraltro Emanuel Ihemeje, e poi Gimbo Tamberi nell’alto. Cioè tre quarti e un quinto posto ai mondiali, che potevano essere tranquillamente anche medaglie. A ciò aggiungiamo la presenza di Jacobs, che se non in panne avrebbe portato di certo qualche alloro, rinfrescando pure la 4x100. Diciamo che già da questo scenario potevano saltar fuori, senza tanti voli pindarici, anche 5/6 medaglie, certo non tutte d’oro. O meglio il potenziale era quello. Ma reale però, non inventato o virtuale. Tradotto, la striscia positiva iniziata agli Europei indoor di Torun, 2021, prosegue. Dopo Torun ci fu ancora Polonia, in Slesia lo storico secondo posto a squadre in Europa. E poi Tokyo, e poi Belgrado indoor, e poi Oregon, e ora Monaco. La crescita rispetto al passato appare evidente.

E poi le assenze? Antonella Palmisano per esempio è una sicurezza unica, lì c’era un altro podio certo. Ma nessuno si è messo a stracciarsi le vesti per la sua assenza, causa infortunio. Nessuno ha urlato ad errori di programmazione e gestione di allenamenti e gare.

Nel caso di Marcell Jacobs, invece, sì. Tanti soloni a pontificare. Un articolo di Repubblica che in 40 righette parlava di sbagli programmatori è stato citato a raffica dai commentatori. Ma aveva un senso tutto questo, come il feroce dibattito, con eccessi assurdi, scatenatosi su un Jacobs distratto e festaiolo che avrebbe preso sottogamba l’impegno?

No. Infatti i soloni distratti, che ogni due o tre mesi parlano di atletica, non si sono accorti che tutta la distrazione del mondo non aveva impedito a Jacobs, sette mesi dopo Tokyo, di vincere il mondiale sui 60 piani, misura al coperto assai breve e non confacente alle sue caratteristiche. Allora aveva lavorato o era stato distratto? Poi, prima della trasferta in Kenya, ci fu il disturbo intestinale e, a ruota, l’infortunio muscolare. Purtroppo. Ciò però non gli ha impedito, nella batteria di Eugene, di fare l’uscita record dai blocchi e di correre i primi 12 metri come mai aveva fatto (Camossi dixit). Allora aveva lavorato o era distratto? Il fatto è che il problema muscolare gli ha impedito il lanciato, quella che è la sua grandissima forza. E se stai male, non vai.

Ora vanno in scena gli Europei. Tra gli assenti illustri, porca miseria, ancora la Palmisano e Eyob Faniel, unico oro azzurro di Berlino 2018 (allora di squadra) nella maratona. Lui ha spiegato così la situazione, meglio di qualsiasi solone o di qualsiasi testo sacro: «Gli infortuni sono (purtroppo) parte della vita di un atleta, il rovescio della medaglia di una vita in cui passi a sognare QUEL momento. Quel momento per me non è ancora arrivato, visto che dovrò rinunciare ai campionati Europei. Spero di tornare presto a sognare». Elementare, Watson.

Foto: Jacobs a Tokyo, Colombo/Fidal

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