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Il calcio a Nordest ha stufato? Quasi nove su dieci lo ritengono non più credibile. Però...

Il calcio a Nordest ha stufato? Quasi nove su dieci lo ritengono non più credibile. Però...

(Cs) "Il pallone si è sgonfiato" ha titolato il Gazzettino presentando a febbraio 2016 i dati di un rilevamento del suo Osservatorio del Nordest, analisi effettuata da Demos

per conto della testata giornalistica veneto friulana. Il sondaggio evidenzia un calo della passione verso il calcio, in decrescita anche rispetto a dati di una decina di anni fa. L'effetto "tribuna vuota", corroborato da tante immagini tv che, a parte i match di grido, rivelano gradoni di cemento tristemente isolati appena la telecamera si alza un po' dal tappeto verde, e curve spesso "invase", si fa per dire, da gruppetti sparuti.

Intanto solo il 36 per cento si dichiara ancora tifoso, mentre dieci anni fa il dato era sul 45%. Ma soprattutto il numero che demolisce un mito è l'85% di intervistati a Nordest che ritiene che il calcio non sia più credibile, perché "ci sono troppi interessi sotto" e perché scandali e pastette hanno allontanato il comune sentire della gente da questo sport. Quindi quasi nove persone su 10 la pensano così, mentre nel campione dei favorevoli il 24% dei nordestini invece lo ritiene ancora un gioco sportivo credibile.

Dominano le grandi sigle anche a Nordest: la Juve è la squadra più amata e odiata, seguita da Inter e Milan. "Resistono" in classifica l'Udinese, che ha un forte appeal territoriale, e il Verona, per motivi simili. Sta di fatto che la fotografia che esce non è entusiasmante per il calcio, che però rimane saldamente alla guida del business sportivo e mediatico, con vorticosi giri di milioni e miliardi. Anche l'effetto marmellata delle tv che trasmettono in continuazione partite anche non spettacolari e minori, esiliando altre discipline, probabilmente ha contribuito a questo disamore avanzante per il pallone, oltre alla decadenza dei valori dei nostri giocatori che, a livello di nazionale e di club, non emergono a livello internazionale, vittime forse di un forsennato mercato giocato all'estero che mortifica la valorizzazione dei vivai. La grande forza economica comunque continua a schiacciare la "concorrenza" nelle preferenze e negli ascolti. E se qualcuno resiste o scala le classifiche, vedi il tennis come ha annunciato il presidente regionale veneto Mariano Scotton che sottolinea una crescita continua dei tesserati anno dopo anno, si scopre che questo sport gode di un canale televisivo tutto suo: oltre alla bellezza del gioco e all'organizzazione del settore, contano le risorse che si possono mettere in campo e il ritorno mediatico conseguente.

Il calcio comunque, secondo il docente della Bocconi Giorgio Brunetti, sempre intervistato dal Gazzettino, rimane lo sport in cui si riconoscono gli schieramenti, anche "politici" del Paese. Nella storia ha sostituito il ciclismo epico, logorato da polemiche e doping, secondo il professore, che si dice convinto che il decremento di tifoseria riguardi solo coloro che amano il bel gioco, «e non certo gli ultras più appassionati che vivono con e per la squadra». Ma anche questo non è un bel vivere, per il calcio, se deve far conto solo sugli ascoltatori viscerali, spesso nervatura delle dinamiche violente e distruttive, quelle che hanno allontanato dagli stadi famiglie e appassionati "per bene", relegandoli nel salotto di casa a rimirare il piccolo schermo.

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