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L'addio a Vittori, mito dell'atletica: quella semplice frase che diceva tutto. Il filmato

L'addio a Vittori, mito dell'atletica: quella semplice frase che diceva tutto. Il filmato

Un mito, un'autorità, un uomo tutto d'un pezzo. Carlo Vittori, il leader della velocità italiana,

l'uomo che seppe tirar su campioni del calibro di Pietro Mennea, se n'è andato prima di Natale ed è stata una perdita enorme per il mondo dell'atletica italiana, per quel mondo che guardava a lui come una delle coscienze critiche, come la persona senza peli sulla lingua che sapeva sintetizzare senza mezzi termini, spigoloso ma efficace, le lacune della Fidal e la discesa agli inferi di questo sport bellissimo che non riesce a rialzarsi, stretto tra fantasmi del passato e incapacità di ridarsi un ruolo.

Tante cose sono state scritte di Vittori, noi ne vogliamo ricordare una di cui siamo stati testimoni. Vittori era ospite a Vicenza alla cena degli Amici dell'Atletica, pochi anni fa. Ascoltato come un vate, diceva le sue convinzioni con le consuete semplicità e acutezza. Disse una frase che racchiude un mondo: "Ricordatevi che Pietro Mennea in dodici anni di preparazione (ci sembra di ricordare abbia detto 12, ndr) vide crescere la sua massa muscolare di 600 grammi". Si parlava di doping, di muscoli artefatti, di sport taroccati. Il professor Vittori con quella semplice frase scolpì una lapide: Mennea sviluppò i suoi muscoli di un'inezia, nonostante il grande lavoratore che fu, perché il suo fu solo lavoro, duro ma lavoro, sotto l'occhio vigile e con le metodiche di Carlo Vittori. E la mente corre ai fisici scolpiti, ai fasci muscolari ridondanti, alle esagerazioni che vediamo. Poche parole ma più eloquenti di un trattato, perché sappiamo che in quegli anni non tutta la compagnia agiva in quel modo.

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Una frase che disse tutto, anche sui tempi passati, un messaggio a chi continua a rispolverare i cosiddetti "anni d'oro" che non si sa di che metallo fossero, o meglio si sa dopo aver letto il libro di Alessandro Donati. Dall'emotrasfusione all'Epo e al resto, lo sport ha vissuto storie travagliate eppure oggi non si manca di ricordare i fasti di chi limpido non fu.

"Tutto sbagliato, tutto da rifare", la frase del Ginettaccio nazionale, Bartali, sembra attagliarsi benissimo alla figura di Vittori. Il professore coltivava un astio profondo verso il "suo" mondo dell'atletica contemporanea che lui non riconosceva più. Ma le sue erano sferzate positive, un input a ripartire in modo nuovo, riscoprendo i valori di base e l'onestà. Se si vuole ricominciare lo si deve fare proprio dall'atletica, un modello sportivo e culturale che deve avere come fondamenti rigore e trasparenza. E' la sua lezione che ci resta.

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