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Doping, dopo 17 anni Donati chiamato al Coni. Cosa accadrà?

Doping, dopo 17 anni Donati chiamato al Coni. Cosa accadrà?

di Claudio Strati

Prosegue su e giù per lo Stivale l'"antidoping tour" di Alessandro Donati, il grande accusatore del sistema sportivo taroccato italiano, che con i suoi libri e i suoi interventi ha scoperchiato il pentolone.

Ormai si va verso i 150 incontri pubblici per parlare del suo libro "Lo sport del doping", i cui proventi vanno tutti a Libera del Gruppo Abele.

A Eboli, in campania, Donati ha espresso il suo scetticismo sul rinnovamento e sull'autentica voglia combattere il doping da parte del presidente del Coni Giovanni Malagò, con quale ha avuto dopo Sochi una discussione via Gazzetta dello Sport. Parlando di atletica, Malagò aveva parlato dell'esigenza di "mettere insieme i cocci" per riuscire a vincere qualcosa a Rio. Il giorno dopo Donati gli aveva chiesto se intende ancora perpetuare la rincorsa a qualche medaglia o rifondare su basi etiche nuove lo sport italiano, ripartendo con l'allargare la base di giovani e giovanissimi.

Poi in Trentino ha avuto modo di rinfocolare le sue polemiche sulla Di Centa, già presa di mira nel suo libro, e sulla Fisi, alla quale la ex fondista sta dando la scalata.
Rieccolo nel Veneto, con incontri a Vicenza con gli insegnanti di educazione fisica dell'Avief e con gli studenti dell'istituto Montagna e del liceo Quadri, a Thiene con una serata pubblica organizzata dall'assessore allo sport Michelusi, e a Bassano del Grappa ancora incontrando gli studenti del liceo Brocchi.

E proprio nella serata di Thiene, accompagnato dal presidente vicentino del Csi Enrico Mastella, Alessandro Donati ha avuto modo di soffermarsi sulla novità del momento: la sua convocazione al palazzo del Coni. Un luogo in cui ha lavorato una vita e dove ha lottato, subendo ostracismi e attacchi, ma anche trovando le soddisfazioni di vincere dure battaglie giudiziarie, proprio in tema di doping, nonostante il grande ente "olimpico" avesse ingaggiato avvocati famosi e costosi per disfarsi del suo stesso dipendente così scomodo.

«Dopo 17 anni sono tornato per la prima volta - ha spiegato alla platea Donati - nella stanza del presidente del Coni. L'ultima volta era stato nel 1997, quando ci fu un burrascoso incontro incentrato sulle mie accuse riguardanti le responsabilità del Coni sul caso Conconi. Il presidente Malagò ha voluto incontrarmi in modo ufficiale, c'erano anche il presidente di Coni Servizi, il segretario generale che io conosco quale mio vecchio collega, il vicesegretario. L'ho accolto come un segnale di cambiamento possibile, non m'illudo ma visto che ha voluto incontrarmi io non chiudo le porte. Abbiamo parlato di cose concrete, di doping e della necessità di ristrutturare in modo profondo l'attività giovanile. I suoi predecessori non mi avrebbero chiamato, ma l'interesse sul problema doping cresce e la gente vuole sapere. Malagò da figura nuova avrà comunque i suoi calcoli geopolitici ma sa che deve anche fare i conti con questa realtà. Ora vedremo se si passerà alla fase esecutiva di ciò che ci siamo detti. Se non accadrà, farò come sempre, con trasparenza: renderò pubblici i temi dell'incontro. Ma diamogli il tempo».
Non è mancata la battuta che ha fatto sorridere il pubblico: «Vi immaginate le facce di quelli che mi vedevano entrare al Coni, diciassette anni dopo!».

L'incontro è stato fitto di domande.
Perchè nel body building dove il doping è così evidente non ci sono indagini? «Bisogna distinguere tra il sistema sportivo, che si interessa di doping solo per atleti tesserati, ma non se si tratta di attività non collegate a federazioni, e il sistema giudiziario: in realtà le inchieste ci sono, la magistratura ad esempio a Bologna ha messo sotto indagine, insieme ai carabinieri del Nas, ben 128 palestre e una massa di ottomila culturisti, io l'anno scorso per la Wada ho studiato oltre un centinaio di procedimenti giudiziari e oltre 70 riguardavano palestre per culturisti. Magari poi se ne parla poco perchè non fanno notizia come i grandi campioni».

Perchè non obbligare gli atleti tesserati a essere anche donatori di sangue? Così sarebbero sottoposti a un tipo di controllo stringente. «Una bella idea ma è difficile che un atleta doni 400 o 500 cc del suo sangue. Ci sono dei pregiudizi perchè magari si pensa di indebolirsi. In realtà medici mi hanno spiegato che la cosa farebbe anche bene: in pochi giorni l'organismo ristabilisce gli equilibri, anche con un certo vantaggio per il donatore. Certo a livello di allenamento si dovrebbe osservare per qualche giorno un ritmo diverso».

Di prammatica le domande sui nomi "puliti".
«Nel ciclismo so che uno che poteva essere forte a prescindere dal doping era Bugno, lo stesso dicasi per Ivan Basso. In atletica? Di certo atleti bravi nelle specialità tecniche. Il grande triplista britannico Edwards aveva tutte le caratteristiche del "pulito": una massa muscolare normale e non cresciuta in modo abnorme, velocità, agilità, una carriera molto lunga. In Italia lo  stesso per il triplista Camossi. Oggi la Trost».

E Pietro Mennea? «Mennea fu pulito per tutta la carriera, che si concluse nel 1980, poi riprese e a Los Angeles nell'84 riuscì anche ad andare in finale. Dopo fu convinto ad andare da Kerr per quelle quattro famose fiale di ormone della crescita, di cui ne prese due e buttò le restanti. Confessò pubblicamente la sua scivolata di fine carriera, o meglio di appendice di carriera. Di lui dobbiamo anche ricordare il "Mennea dopo", quattro lauree, grande esperto di class action, un uomo indipendente».

Poi eccolo seduto sul palco a firmare i suoi libri. Un ex atleta gli chiede di fargli la dedica al "campione mai nato": «Facevo ciclismo ma non ho voluto prendere strade sbagliate».
 
Il Csi vicentino ha anche ristampato il primo libro di Donati, "Campioni senza valore", quello uscito nel 1989 e che fece scandalo ma poi sparì non si sa come dalle librerie e non fu più ristampato. Fino a ieri lo si scaricava solo dal web, adesso è ritornato anche in cartaceo, con una vistosa copertina rossa. Un documento storico, da abbinare al più recente "Lo sport del doping" per capire un sistema, un clima, e meditare.

Foto: Alessandro Donati firma le copie del suo libro a Thiene

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