Contenuto Principale

De Zan: ridiamo un po' di giustizia a Marco Pantani

De Zan: ridiamo un po' di giustizia a Marco Pantani

Un ragazzo simpatico, un romagnolo verace, un po' guascone ma di grande sensibilità. Davide De Zan, giornalista delle reti Mediaset che, sulla scia del padre, si occupa di ciclismo,

ha dipinto così Marco Pantani, suo amico e tra i miti rimasti nei cuori dei tifosi. Nella serata di Incontri senza Censura della libreria La Bassanese di Marco Bernardi, di fronte a una platea foltissima e moderato da Eros Maccioni ha illustrato le tesi che ha condensato nel suo libro, "Pantani è tornato".

E tratteggiando Pantani, ha raccontato il carattere che lui ha conosciuto: "Era un fuoriclasse, ma davanti a certe situazioni contavano certi valori. Al Tour  qwuando l gruppo si fermò per protestare contro i mdetodi della polizia, che faceva il suo lavoro dell'antidoping ma con modalità m ediatiche contestate, lui in maglia gialla si tolse il numero dalla maglia per essere parte della protesta. Una mossa che poteva costargli cara, lui poteva fregarsene delle proteste, era in testa e con quella vicenda rischiava la squalifica".

Un altro episodio ricordato da De Zan riguarda il momento della morte di suo padre Adriano, un mito televisivo del ciclismo: "Marco correva in Spagna, abbandonò la corsa. Prese due aerei diversi, un taxi. Arrivò per l'ultimo saluto, nessuno lo aspettava. Mi disse: mi voleva bene e io ne volevo a lui, non potevo mancare". A proposito di Adriano, che negli ultimi mesi la chemio aveva prostrato portandogli via i capelli, Davide ha ricordato un aneddoto: "Erano giorni tristi ma un giorno riuscii a vedere un sorriso sul suo volto, quando scehrzai: papà mi sembri Pantani sull'Alpe d'Huez".

Poi De Zan è entrato nel cuore del problema. Le sue "indagini" pubblicate nel libro, che mirano a dare giustizia a Marco. Non in toto, perchè "Doping o non doping, era il più forte" ammette, ma almeno per i due episodi che hanno segnato e chiuso la vita del Pirata. Lo stop a Madonna di Campiglio il giorno prima di vincere il Giro, il 5 giugno del '99, con Marco scortato dai carabinieri che se ne va attonito, e quella morte piena di misteri in una pensioncina di Rimini, il 14 febbraio del 2004, un giallo che grida un bisogno di verità.

In sala campeggia un cimelio, la bici Wilier Triestina con cui Pantani corse il Tour del 1997. E in prima fila ci sono i Gastaldello, padre e figlio, proprietari dell'azienda di Rossano Veneto che realizzò quel gioiello e che l'hanno portato per ricordare Marco. "Mi sembra di vederlo in sella apedalare" esclama De Zan.

De Zan: ridiamo un po' di giustizia a Marco Pantani

"Su Rimini non so, su Campiglio qualcosa sapremo" ripete De Zan, che si sente sicuro di qualche novità in arrivo. Il suo racconto insiste soprattutto su quel giorno. E inquadra bene il momento storico sportivo ("Erano gli anni dell'eritropoietina, l'Epo" commenta il conduttore Eros Maccioni, giornalista che di ciclismo ne sa) in tutte le sue sfaccettature di un sistema che ciascuno può giudicare.

De Zan ricostruisce "la porcata". In sostanza, secondo la sua ricostruzione, quel valore 53 nei controlli dell'ematocrito fu taroccato. Forse perchè il giro delle scommesse, con miliardi in palio, non voleva che lui fosse primo a Milano. De Zan racconta che la sera prima, sapendo (!) che il giorno dopo sarebbero arrivati i controllori in albergo, Pantani si fa un esame e risulta 48. Il giorno cdopo, 53, e poco dopo ancora, quando lascia il Giro, va in ospedale a Imola e lì ecco di nuovo il 48. De Zan ha parlato con molti medici e specialisti, dice che il valore delle piastrine negli esami varia ed è la cartina al tornasole che probabilmente fa capire come l'esame clou fu pilotato. Insomma più di un sospetto, ora attende che un magistrato prenda inmano la cosa e riapra il quaderno della storia.

Poi c'è Rimini, una morte ricca di giallo. De Zan smonta la verità ufficiale del suicidio per overdose. Troppi particolari non collimano: nella camera d'albergo una devastazione, specchi frantumati, mobili rovesciati, materassi ribatlati, insomma un'iraddiddio eppure quelli della stanza accanto non sentirono nulla. E lui con le mani perfette, neanche un graffio, ma sangue e "neve" dappertutto (però un po' di fumo nascosto legato sotto il letto), strisce sul pavimento come di un cadavere trascinato e quella pallina di pane e cocaina, che lui avrebbe espulso dalla bocca, così bianca intonsa, dentro una pozza di sangue.  E le indagini, e i rilievi? Presa neanche una impronta digitale, agenti entrati senza precauzioni in quella stanza a soqquadro nella quale Marco avrebbe ingerito, da solo, cocaina ("Che prima di allora mai aveva mangiato") in dosi massicce, sei volte la dose letale. E poi quella chiamata alla reception di Marco, "Chiamate i carabinieri", e nessuno che abbia fatto il 112...

De Zan cita mamma Tonina: "Allora ha frequentato la peggio specie al mondo". Qui si ferma. Non sa se le autorità potranno riaprire il caso, ma racconta tutti i suoi dubbi e spera.Il pubblico applaude, c'è un clima agrodolce. Sì, bisogno di giustizia per Pantani, ma forse è difficile dare giustizia al ciclismo, aper lo meno di quegli anni. Ma la storia di Pantani ha bisogno almeno di rimettere un paio di puntini sulle "i". Ha vissuto anni drammatici, tutti con lui, poi in un attimo tutti a girargli le spalle. Ma è entrato come pochi, comunque sia andata, nel cuore della gente.
Ricerca / Colonna destra

 Grandi Motori 

| TRAIL DEGLI EROI

| FORZA E CONCENTRAZIONE

 

| LA CORSA PIU' PAZZA


© Gestione editoriale: Creta Plus soc. cooperativa | P.IVA 04084830241 | Redazione: ilgrandesport@libero.it | Registrazione tribunale Vicenza già Bassano del Grappa n. 8/2004

Progetto StiKa©

| Realizzato da Progetto StiKa |