La corsa di chi non può correre

di Enrico Vivian, 35° alla New York Marathon 2010

Mi è venuto in mente l’anniversario dell’operazione ai tendini di Achille,

il 5 maggio del 2005, che mi ha ridato vita agonistica, risolvendo un primo azzoppamento. Chi mi guarda e mi vede troppo bene, in attesa dell’evoluzione positiva del secondo, mi chiede “perché non corri?”.
La stessa domanda non è proponibile ad Alex Zanardi, che ho avuto occasione di osservare da vicino alla maratona di Treviso, fotografandolo: sembra il personaggio di Italo Calvino, il Visconte dimezzato, tagliato per l’altro verso. Chissà dove stanno guidando le sue gambe staccate dal tronco nel terribile incidente in auto. Con protesi o handbike si muove con naturalezza sulle strade del mondo dove può succedere di tutto.
Perfino che degli infami si inventino una dimostrazione senza alcun senso che colpisce una delle più gioiose e storiche manifestazioni collettive come la maratona di Boston. La struttura degli ordigni (pentole a pressione piene di schegge metalliche, chiodi e cuscinetti a sfera) e il loro posizionamento sembravano fatti apposta per mirare agli arti inferiori e mutilare: infatti molti feriti gravi hanno subito amputazioni. Nel tempo si ricorderanno quel giorno che doveva essere di festa, in particolare la famiglia Richard, spezzata negli affetti dalla morte del piccolo Martin, con mamma e sorella in attesa del papà all’arrivo.
L’allarme si è subito esteso ai successivi eventi, possibili bersagli di simili attacchi: la cattura dei responsabili, due sbandati incapaci di emuli, ha in parte sollevato gli animi. Fra i colpiti rimane la pena da portare avanti giorno per giorno: non avevano scelto di essere bombardati.
Come capita ad alcuni in cui si inceppano certi meccanismi fisiologici e magari si sviluppano malattie che sono chiamate “rare”, perché poco diffuse e poco interessanti per la ricerca medica e farmacologica. I casi umani emergono dalla statistica e possono diventare l’orgoglio di una comunità che si stringe attorno, anche per accompagnarli sulla via del Santo alla Maratona di Padova: la devozione che li attornia vale un miracolo riassunto nel motto “Gli amici sono angeli silenziosi che ci aiutano a rimetterci in piedi quando le nostre ali non si ricordano più come si fa a volare”. Ecco Mauro che mi arriva incontro: costretto dalla SLA in carrozzina, quasi sospeso dall’entusiasmo che lo circonda. Nella corsa c’è posto per tutti, anche per chi non può correre.
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05 maggio 2013