Il muro del maratoneta, i muri della vita. Psicologia & sport

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Il muro del maratoneta, i muri della vita. Psicologia & sport

di Raffaella Toniolo*

Negli sport di resistenza l’uomo e la donna entrano in competizione con il proprio corpo e il proprio io cercando di dosare energie e accedendo a risorse a volte sconosciute a se stessi.

Allenandosi ne studiano i meccanismi e si perdono nel loro funzionamento, apprendendo strumenti e strategie per affrontare fatica e dolore delle lunghe distanze.

Alcuni fattori comuni sembrano accompagnare la realizzazione degli obiettivi che si pongono: determinazione, sacrificio, obiettivi chiari e misurabili, alimentazione mirata, consapevolezza del proprio corpo e delle proprie sensazioni, dosaggio e recupero delle energie, preparazione fisica e mentale costanti.
Tra gli sport di resistenza forse il più noto è la Maratona, uno sport cosiddetto “povero”, dove l’atleta, a meno che non abbia uno sponsor che lo sostenga, dovrà trovare un equilibrio tra la passione per questa attività, la preparazione alle competizioni e la propria vita lavorativa e relazionale.
Quaranta ore, o più, di lavoro settimanali, allenamenti quotidiani, una giornata di stacco e poi un weekend dopo l’altro dedicati al raggiungimento degli obiettivi sportivi. Tra consigli, suggerimenti, confronti tecnici e tecniche di rilassamento il tempo viene inghiottito dalla preparazione e le ventiquattro ore giornaliere vengono ritagliate sulla base degli allenamenti programmati.

Ma per quanto allenato sia, prima o poi l’amatore, lo “sponsorizzato” e anche il top runner si troveranno a dover affrontare il cosiddetto “muro del maratoneta”, la crisi metabolica che solitamente si riscontra intorno ai 35 km anche se in realtà questo “muro”, in base alla preparazione atletica, si può presentare in qualsiasi momento. L’impossibilità di fare ancora un passo in più perchè il corpo sembra stremato e incapace di utilizzare le proprie riserve energetiche mentre la mente comincia a essere disorientata, a interrogarsi sul da farsi e a chiedersi se ha già superato il limite e se sia il caso di proseguire o mollare. Ed è questo il momento che farà la differenza.

Alcuni aspetti rilevanti che sembrano facilitare l’insorgere della crisi sono: la preparazione non adeguata, la condotta di gara non corretta, l’alimentazione pre-gara o in gara e l’idratazione non sufficienti o errati, la mancanza di idee chiare sui ritmi da tenere, il non riconoscere e non ascoltare i segnali fisici e mentali di esaurimento energetico. Un altro fattore importante che ne influenza il sopraggiungere ma che tuttavia non è imputabile ai nostri comportamenti è il clima di gara (caldo, elevata umidità ecc.). E se pur nella preparazione migliore dovesse comunque capitare, cosa fare?

Preoccuparsi, demotivarsi o irritarsi per l’avvento della crisi non è la soluzione migliore. È importante accoglierla e gestirla con la massima calma. Essere consapevoli della propria condizione e attuare le strategie migliori per affrontarla. Accusarsi di errori fatti o di ciò che si poteva fare nei km ormai andati è uno spreco ulteriore di energie e lasciare spazio a pensieri denigratori o negativi potrebbe bloccare in toto il proseguio della gara. Non resta che rimanere nel “qui e ora”, affrontare la crisi e attraversarla come meglio si può. Restare in gara e vivere la gara senza preoccuparsi del cronometro, del risultato o dell’avversario che ci raggiunge. Cercare di rilassarsi, rallentare, idratarsi ed evitare ulteriori consumi energetici compreso l’atteggiamento mentale che può influenzare concretamente questo consumo.

Lo stress elevato infatti, che non è altro che un’attivazione di difesa del nostro organismo, si concretizza fisicamente in una reazione di lotta o di fuga con dispendio immediato di energia. Non basta allenare il nostro corpo per giungere al traguardo ma anche la nostra mente e i nostri atteggiamenti perchè ciò che si fa su un livello si riflette anche sull’altro e viceversa.

E noi? Nella corsa verso i nostri obiettivi, nelle nostre battaglie personali, come alleniamo l’atteggiamento mentale per affrontare il nostro 35° km?

www.raffaellatoniolo.it

* coaching e psicologia del lavoro e dello sport