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Periferie o centri big? Lo strano caso dello stadio Euganeo e dei fondi per gli impianti 'ai piccoli comuni' e alle aree bisognose di essere tirate un po' su

Periferie o centri big? Lo strano caso dello stadio Euganeo e dei fondi per gli impianti 'ai piccoli comuni' e alle aree bisognose di essere tirate un po' su

Immerso in mesi di ritardo, causa l'avvento del nuovo governo e per le probabili intromissioni dell'esecutivo gialloverde, il bando "Sport e periferie" è arrivato al secondo triennio, con le nuove assegnazioni per l'impiantistica sportiva. Ma c'è qualcosa che non torna,

perché se la ratio della norma inserita nella "legge giubileo" dal governo Renzi doveva assecondare soprattutto i piccoli comuni con vivaci attività sportive, le periferie, i luoghi disagiati, per permettere anche inclusioni e socialità dello sport là dove le strutture un po' mancano, il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri che ha messo nero su bianco i 219 interventi, decisi dalla blindatissima commissione istituita per vagliare i quasi 1.800 progetti e proposte presentati, fotografa in alcuni casi il sistema Italia.

Per chi conosce la realtà veneta, balza all'occhio il caso di Padova, che ottiene due milioni per "rifare" lo stadio Euganeo, teatro di una squadra di calcio di serie B. Città ricca, con notevoli dotazioni e attività. Ma il regalo (il massimo attribuibile secondo il bando) arriva da lontano.

La filiera che annunciava quanto sarebbe accaduto parte infatti da anni fa. Da quando il sindaco Bitonci (Lega) annuncia ai tifosi che vuol avvicinare le tribune al campo di calcio, eliminando la pista di atletica; poi lui cade, subentra un'amministrazione Giordani vicina al centrosinistra, i progetti proseguono; quindi la visita del presidente del Coni Malagò nella città patavina a osservare le nuove opere per l'atletica e il progetto per l'Euganeo; infine l'assegnazione del sostanzioso contributo, con un po' di stampa che lo accredita come un atto personale del sottosegretario Giorgetti (Lega).

Insomma un percorso annunciato, dove la politica e il Coni si sono ritrovati. Eppure, sosteneva chi il bando Sport e Periferie aveva promosso e discusso in Parlamento, come l'ex onorevole Cova, la norma non era fatta per un caso come quello padovano, che avrebbe dovuto attingere per i suoi sacrosanti progetti ad altri fondi pubblici. Doveva cioè esserci un sistema di garanzia verso le piccole amministrazioni che hanno meno fondi e meno capacità finanziaria.

Il tutto si è concretizzato sullo scenario di un governo che vorrebbe "svuotare" il Coni, con le proteste di Malagò per il "golpe". Ma se il decreto governativo scrive nelle premesse che sono necessari "interventi di carattere finanziario per la realizzazione e la rigenerazione di impianti sportivi nelle periferie urbane e nelle aree svantaggiate", che "le finalità del Fondo stanno nel potenziamento dell'attività sortiva agonistica nazionale nelle aree svantaggiate e nelle zone periferiche urbane", sono conseguenti determinate assegnazioni?

Nonostante la diatriba Governo-Coni, viene da concludere che tutto prosegue come sempre, e il fatto che il Governo voglia prendersi direttamente la gestione dei fondi non cambierà nulla rispetto al solito sistema in cui Governo e Comitato Olimpico sono sempre andati d'accordo sul che fare. Decisioni da piani alti, nonostante bandi pieni di buone intenzioni.

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