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Lo strano caso Donati-Wada e le mondiali amnesie. Un'analisi sulla Rete

Lo strano caso Donati-Wada e le mondiali amnesie. Un'analisi sulla Rete

(Cs) Ogni tanto il mondo dell'informazione "cade dal pero". Esce folgorato da qualche nuova news, litigando, tra l'altro, con se stesso. Lanciando strali contro terzi, senza guardare al suo interno.

Sport diffuso, si dirà, come le notizie carsiche che compaiono e scompaiono, mai più approfondite, o come i "mantra" ripetuti all'ossessione nel corso degli anni e poi magari rinnegati in un minuto.

Il caso della polemica Donati-Wada, con corollario di sentenze giornalistiche, ci sembra esemplare, e tanto più grave perché si svolge in un ambiente delicato, che ha bisogno di certezze e non di blablabla poco verificati, come quello dell'antidoping. La vicenda è nota, anche se passata finora solo un po' di sfuggita e frettolosamente sulle pagine dei giornali.

LA FRATTURA

Da una parte sono anni e anni che Alessandro Donati, maestro dello sport, autore del bestseller "Lo sport del doping" che ha messo a nudo nomi e cognomi, sistemi e pratiche scorretti della gestione sportiva degli ultimi 40 anni, viene definito all'Italia e all'estero "consulente della Wada", ovvero l'agenzia mondiale antidoping. Si è capito che tra lui e il nuovo direttore generale dell'agenzia, il signor Oliver Niggli, nominato in autunno 2015 al posto dell'uscente Howman, non vi è molto feeling. Donati fece sapere che visto il cambio della dirigenza Wada, erano "venute meno le condizioni per la prosecuzione del rapporto" tra lui e l'agenzia. Aggiungendo: "Come molti altri sportivi rimarrò fortemente interessato alle azioni antidoping di questo organismo che ha cambiato notevolmente in meglio la situazione internazionale del contrasto al doping e spererò in una sua ulteriore ed incessante evoluzione". Fin qui nulla di strano. Ma a breve giro arrivava la replica di Niggli, che ha parlato di inesistenza di incarichi o consulenze assegnati a Donati...". Insomma un'enormità, relegata in qualche trafiletto d'agenzia o di giornale.

TARALLUCCI E VINO?

Seguiva dopo pochi giorni una specie di rappacificazione, in cui Donati spiegava di apprezzare comunque il ruolo della Wada e Niggli si complimentava con lui per il suo lavoro contro il doping "in Italia" (sic). Ma di questa enormità poi non si sono trovati seguiti sulle testate auliche. Se ne è trovata invece qualche traccia, con sacrosanti commenti di stupore e incredulità, su siti specializzati come Sportpro o Ottocorsie. E dopo un po' altre riprese, condite da giudizi, tra tutte una sulla Gazzetta, dove un'autorevole firma ha scritto di "brutta figura di Donati con la Wada..." (sic). Ma sarà proprio così? Nel nostro piccolo, poiché le notizie uscite ci hanno provocato un certo disappunto, visto anche che abbiamo riportato più volte le opinioni di Donati su queste pagine, abbiamo cercato di verificare nella rete.

Va detto che Alessandro Donati è legittimamente amato e odiato da parti diverse del pubblico. Che sulla faccenda Schwazer ha diviso tra entusiasticamente favorevoli e ferocemente contrari. Che le sue dichiarazioni sono state applaudite o contrastate legittimamente da chi condivideva e chi no. Che non ha bisogno di avvocati difensori, visto che per decenni si è difeso egregiamente. Quindi qui cerchiamo di fare solo un'analisi oggettiva e invitiamo i nostri lettori, su facebook o via mail (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.), a farci sapere i loro pareri.

"WADA NEL CAOS"

Prima di tutto va citata l'intervista a Panorama di Donati, "Wada nel caos. L'Italia non è il Paese del doping", settembre 2015. A Dario Pellizzari (che guarda caso lo definisce "consulente Wada"...) Donati spiega che le liste della Wada secondo cui la maglia rosa del doping (61 impresentabili su 114 mel mondo) va all'Italia non è plausibile. Racconta che in Italia si fanno diverse indagini antidoping, in altri Paesi no e ciò falsa i numeri. Poi afferma che la Wada è debole nei confronti dei governi e perde via via autonomia, la definisce "ostaggio dei poteri forti" e parla di "un simil-antidoping, che serve decisamente a poco...". Parole forti, e magari qualcuno nel quartier generale dell'agenzia non gradisce. Da lì inizia probabilmente la diaspora, e poche settimane dopo dg Wada diventa il signor Niggli.

CHIAMATELE CONSULENZE

Veniamo al caso delle consuenze negate dal Niggli. Abbiamo fatto un velocissimo riscontro nel sito della Wada. In un minuto saltano fuori due cose, le più recenti pensiamo. Anno 2013, il report "The Supply of Doping Products and the Potential of Criminal Law Enforcement in Anti-Doping: An Examination of Italy’s Experience" scritto da Letizia Paoli e Alessandro Donati "and funded by WADA", ovvero finanziato dalla Wada. Anno 2015, il direttore generale David Howman tiene una relazione sull'attività a Melbourne e cita "the recent publication “The Sports Doping Market” by Letizia Paoli and Alessandro Donati,
commissioned by WADA"... ovvero commissionato dalla Wada. Solo due cose saltate fuori in un minuto di ricerca, forse meno. Cosa sono questi? Incarichi, consulenze, collaborazioni, studi commissionati... Chiamateli come volete. Ma è incredibile leggere che il signor Niggli non sa che la sua stessa organizzazione ha commissionato report sui trend mondiali (altro che "in Italia") al signor Donati per capire le dinamiche del doping. Non guarda il suo sito? Se ci si dedica un'ora chissà cos'altro può uscirne.

A PROPOSITO DI BRUTTE FIGURE

La domanda allora, guardando da altre possibili visuali, è: ma chi fa la brutta figura? Ed è la stessa domanda che si può porre alle autorevoli firme che con nonchalance hanno classificato come tale quella di Donati. Proprio sull'autorevole "rosea" che lo ha definito per anni e anni "consulente Wada". Ricerca velocissima su Google con dicitura "Donati consulente Wada gazzetta.it": i primi quattro risultati riportano articoli della Gazzetta dal 2015 al 2016 in cui il professore romano viene definito tale tout court. Ricerca velocissima tra i contenuti del sito gazzetta.it: troviamo altre firme autorevoli che lo chiamano nello stesso modo, come Piccioni e Boldrini, nel 2016, nel 2015, nel 2013, nel 2012... Torna la domanda di rito: ma scusate, allora chi fa la brutta figura? Chi ha scritto per decenni una tal cosa, o chi improvvisamente la scopre teoricamente fasulla e ci ricama sopra, però senza sapere quanto ha testimoniato la sua stessa testata per anni? E' vero, il giornalismo quotidiano vive per forza anche di approssimazioni, di imprecisioni, di cose mordi e fuggi, di assoluta libertà d'opinione e ci mancherebbe, ma su una faccenda così grossetta non si può tirar via senza considerare il brodo di coltura in cui si sta. Se si vuole attaccare  Donati, cosa anche auspicabile che permetterebbe di approfondire argomenti molto seguiti dai lettori, lo si faccia nel merito di quanto ha fatto e fa, altrimenti è solo il lancio di una manciatina di fango nel ventilatore.

SE CI SBAGLIAMO...

Ci fermiamo qui. Ci sembrano datti oggettivi. Magari ci sbagliamo, ma allora si sbagliano il sito della Wada, i siti di molte federazioni del mondo, i giornali e i siti informativi italiani e mondiali che per almeno un decennio hanno scritto e riscritto quelle paroline: "consulente Wada". Senza che mai la distratta Agenzia abbia sentito l'esigenza di chiarire che il professor Donati con lei non c'azzeccava. Elementare, Watson. 

Foto dal web. Niggli e Donati

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